Walter Veltroni: “Non chiamatelo populismo, questa è la destra più estrema”

L’ex segretario PD non fa sconti al governo e sprona la sinistra: “C’è bisogno di un movimento politico del nuovo millennio”

“Altro che populismo”, questo governo è “qualcosa di molto più pericoloso”: è la destra estrema.

Non ha dubbi Walter Veltroni che in un intervento su Repubblica si spinge in un’analisi politica di questa prima fase del governo gialloverde. “Definirla populista è farle un favore. Chiamiamo le cose con il loro nome. Chi sostiene il sovranismo in una società globale, chi postula una società chiusa, chi si fa beffe del pensiero degli altri e lo demonizza, chi anima spiriti guerrieri contro ogni minoranza, chi mette in discussione il valore della democrazia rappresentativa, altro non fa che dare voce alle ragioni storiche della destra più estrema”.
In estrema sintesi è un momento pericoloso e sottovalutarlo sarebbe un errore imperdonabile.

L’unico argine, secondo Veltroni, è la rinascita della sinistra che, senza un progetto serio e credibile, rischia di sparire: “Perché la sinistra o accende un sogno o non è”. La crisi delle socialdemocrazie non è un fenomeno solo italiano ma ha bisogno adesso di risposte europee: “O la sinistra definirà una proposta in grado di assicurare sicurezza sociale nel tempo della precarietà degli umani o sparirà. O la sinistra la smetterà di rimpiangere un passato che non tornerà e si preoccuperà di portare in questo tempo i suoi valori o sparirà. O la sinistra immaginerà nuove forme di partecipazione popolare alla decisione pubblica, una nuova stagione della diffusione della democrazia, o prevarranno i modelli autoritari”, spiega Veltroni.

“Allo stesso tempo – prosegue – la sinistra non deve dimenticare chi è, ne deve anzi avere orgoglio. Non sarà inseguendo la destra o, in questo caso, il populismo che si eviterà il peggio. La sinistra non può avere paura di dire che è per una società dell’accoglienza, dire che è nella sua natura – oltre che in quella che dell’essere umano – la solidarietà, la condivisione del dolore, l’aiuto nel bisogno. La sinistra non deve aver paura di dire che non si deve mai deflettere dal rigoroso presidio della sicurezza dei cittadini imponendo a tutti il rispetto delle regole che ci siamo dati. La sinistra non deve inseguire nessuno sul tema dell’Europa immaginandone una versione bonsai ma, al contrario, deve rilanciare con forza l’idea degli Stati Uniti d’Europa, meravigliosa utopia realizzabile. Deve riscoprire, dopo averlo dimenticato, il tema dello sviluppo compatibile, vera incognita sul futuro della specie umana. E non deve assuefarsi alla barbarie del linguaggio semplificato, della rissa permanente, dell’insulto all’avversario. Anche in questo deve essere se stessa, non fare come Zelig. Deve coltivare la scuola, la ricerca, la cultura, l’identità profonda di un Paese che è sempre stato aperto al mondo. Non deve aver paura di unire anche quando la diffusione dell’odio sembra prevalere. Deve innovare la sua identità e avere rispetto della sua storia”. Perché, ricorda Veltroni, “è la sinistra, nella storia, che ha cambiato il mondo”.

Come già successo, è quindi al PD che spetta il compito di muoversi verso questo cambiamento e di diventare protagonista.
“Il PD che io immaginavo – continua Veltroni – è durato pochi mesi, raggiunse il 34 per cento in condizioni terribili e si trovò, orgoglioso e emozionato, in un Circo Massimo oggi inimmaginabile per chiunque. Era l’idea di un partito orizzontale, fatto di cittadini e movimenti, di associazioni e autonome organizzazioni. Un partito a vocazione maggioritaria perché aperto, che usava le primarie come cemento per unire questo arcobaleno. Il contrario di un ‘partito liquido’, come poi si è purtroppo rivelato essere, per paradosso, quando ha prevalso il rimpianto per forme partito che non sono più date in questo tempo. Quel partito è stato in questi anni, per responsabilità di tutti, dominato dalle correnti e dai gruppi organizzati e il suo spazio vitale si è ristretto, come la stanza del funzionario Rai di ‘La Terrazza’ di Ettore Scola. Quei muri vanno tirati giù e il Pd deve apparire un luogo aperto, plurale, fondato sui valori e non sul potere. Bisogna inventare una forma originale di movimento politico del nuovo millennio”. E abbandonare la parola “rottamazione” perché “non è una nostra parola, figlia della nostra cultura”.

Per essere all’altezza della sfida, conclude Veltroni, c’è una cosa da fare: “Smetterla con la prassi esasperante delle divisioni e delle scissioni testimoniali. Anche quella è un’abitudine spesso coincisa con tragiche sconfitte”.

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