Ilva. Teresa Bellanova: Un accordo voluto da noi e osteggiato dal M5s

Di Maio può anche spandere bugie ma in cuor suo sa che ha sottoscritto l’accordo su Ilva solo grazie a Decreti approvati nella scorsa Legislatura

Non abbiamo mollato un solo giorno. Abbiamo tenuto alta, in alcuni casi altissima, l’attenzione su Ilva. Lavoro, ambiente, occupazione, salute, alla fine hanno avuto la meglio. Ovvero quelle che da sempre sono state le nostre parole d’ordine, il nostro paradigma assoluto sul tavolo di trattativa da me presidiato nella scorsa Legislatura per 34 incontri, il nostro unico obiettivo tanto da costruire le condizioni per apportare importanti modifiche al Piano Ambientale e al Piano Industriale inizialmente presentati da AM, incluso quel numero di lavoratori portati da 8mila 400 a 10mila.
Il Ministro Di Maio può anche stringersi nelle spalle e spandere bugie che tradiscono l’assoluta mancanza di senso dello Stato ma in cuor suo sa che ha sottoscritto l’accordo su Ilva, mettendo il punto – almeno per il momento – a una delle più complesse e delicate vertenze degli ultimi anni nel nostro Paese, solo grazie a Decreti approvati nella scorsa Legislatura e sostenuti tenacemente e caparbiamente dal Governo Renzi ma completamente osteggiati dal Movimento 5Stelle con una violenza e un furore accusatorio inauditi.
Solo così, lo sottolineo con orgoglio e grazie all’enorme lavoro di chi non si è arreso, sono stati messi in sicurezza lavoro, acciaio, ambiente, salute.
Le migliori condizioni date, quelle che definisce tali probabilmente frastornato da un esito che forse anche suo malgrado ha dovuto perseguire ma con grave ritardo e con un costo complessivamente pari a 75milioni di euro, le aveva già trovate sul tavolo e – lo dico come contributo alla riflessione e sprone a proseguire un lavoro che certo non si interrompe con la firma odierna dei sindacati e dell’azienda – avrebbero senza dubbio potuto essere implementate e rafforzate se la trattativa fosse ripresa il giorno dopo l’insediamento piuttosto che bruciare mesi preziosissimi mentre nel frattempo Ilva continuava a perdere 1 milione di euro al giorno.
Proprio quell’addendum da noi proposto alle parti e pubblicato sul sito del Mise il 10 maggio scorso rappresentava a mio parere il punto più avanzato di discussione, già allora non prevedendo alcun esubero e garantendo l’articolo 18, invece contemplando la costituzione di una società, per non meno di millecinquecento lavoratori a tempo indeterminato, con la partecipazione di Invitalia, funzionale ad assorbire quei segmenti di lavoro che AM esternalizzerà per ragioni legate alla sua organizzazione produttiva senza che questo causasse – lo avevamo scritto in modo chiarissimo – concorrenza con le aziende attualmente fornitrici di servizi.
E dunque, se proprio devo dirla tutta, non capisco come mai 10mila 700 lavoratori siano di più di 11mila 500. Mentre capisco la soddisfazione per un accordo che prevede, anche se il 2023 è lontano con tutto quel che questo significa, nessun licenziamento con l’impegno di AM ad assorbire i lavoratori ancora in carico all’AS al netto degli esodi incentivati e dei pensionamenti. Ma anche questo, lo sappiamo, si deve a quei Decreti – osteggiati violentemente dai 5Stelle – con cui si garantiva la copertura della cassa integrazione per tutti i lavoratori, e si ribadiva nell’addendum anche se con parole diverse da quelle delle odierne dichiarazioni stampa.
Naturalmente ci sarà tutto il tempo per analizzare e postillare l’Accordo sottoscritto. E già fin d’ora garantisco l’impegno, mio e del PD, a continuare a seguire e monitorare la sua attuazione con una presenza costante a Taranto e in tutti i siti coinvolti. Il che significa continuare a considerare questa una vertenza e una vicenda nazionale, senza siti di serie A o B su cui magari scaricare qualche peso di troppo, e continuare a monitorare le condizioni dell’ambientalizzazione e quelle della tutela della salute dei cittadini.
Resta però una valutazione importante da cui non è possibile esimersi, che è una delle cifre non marginali di questi lunghissimi mesi e che va analizzata seguendo gli accadimenti in sequenza. Dalla conferenza stampa del 1° maggio a Taranto quando si dichiara (presente il Presidente della Regione Puglia) che chiudere l’Ilva non è un tabù, alle interrogazioni 5Stelle in sede europea con lo stesso obiettivo, dalla richiesta di parere all’Anac, e poi all’Avvocatura con la secretazione dello stesso per motivi di riservatezza, alla minaccia di annullamento in autotutela della gara previa verifica dell’interesse pubblico la cui valutazione viene demandata al Ministero dell’Ambiente (con relazione anche questa al momento non pubblicata), dagli incontri tecnici in sede ministeriale, dove l’interlocuzione non è con i lavoratori ma esclusivamente con i tecnici del Governo, all’esito odierno. Una serie di passaggi non indolori il cui obiettivo è stato per il Ministro autoimporsi come unico e sostanziale punto di ricaduta della vicenda, con il risultato di avocare a sé l’interlocuzione con l’azienda, indebolendo oltre misura il ruolo della trattativa e quello del sindacato, messo all’angolo da una messe di toni polemici e violenti (non lo dico io, basta leggere con attenzione la proclamazione dello sciopero generale).
Di questa, per così dire, voglia di protagonismo assoluto avevamo avuto già un assaggio nella vicenda dei riders e immagino che anche per il futuro la cifra sarà esattamente questa. Forse varrebbe la pena rifletterci e non solo un attimo.

Teresa Bellanova, parlamentare PD ed ex Vice Ministro allo Sviluppo economico

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