Guido Ricciardelli, a 60 anni dalla scomparsa, verrà ricordato venerdì 30 novembre, con letture e immagini

In ricordo di Guido Ricciardelli, a 60 anni dalla morte avvenuta il 2 novembre 1958, il Comune e l’ANPI di Casola Valsenio organizzano un incontro – con letture, testimonianze e immagini – che si terrà venerdì 30 novembre alle ore 20.30 nella sala Nolasco Biagi della Biblioteca comunale.

Di seguito pubblichiamo il rapporto che Guido Ricciardelli inviò a Roma il 20 marzo 1946 per documentare i danni subiti da Casola e dalla popolazione casolana durante la guerra. Quel rapporto è tratto dal libro “Casola ‘Piccola Cassino’ nella Valle del Senio“, che Guido Ricciardelli scrisse per documentare e tramandare la tragedia e il dramma di quegli anni di guerra.

Guido Ricciardelli è stato uno dei principali esponenti del socialismo casolano, antifascista, combattente per la libertà, componente del CLN e Sindaco nella Giunta popolare costituita dopo la Liberazione; carica che mantenne fino alle elezioni del 1946, quando divenne viceSindaco del Sindaco Filippo Pirazzoli.
E’ stato tra i protagonisti della ricostruzione e si deve a lui se disponiamo di una così ricca documentazione fotografica di quegli anni.

1948, in Piazza Oriani a Casola. Guido Ricciardelli è il secondo da sinistra. Accanto a lui, alla sua sx, il prof. Giuseppe (Pecio) Pittano, il Prefetto, il Sindaco Filippo Pirazzoli, il priore di Valsenio, Francesco Bosi.
Guido Ricciardelli, davanti all’edificio delle nuove scuole elementari in costruzione.
Guido Ricciardelli – in primo piano, a destra – a Monte Battaglia. Accanto a lui il prof. Giuseppe (Pecio) Pittano e il prof. Augusto Rinaldi Ceroni.
Guido Ricciardelli alla guida del trattore arrivato dall’Unione Sovietica.

CASOLA VALSENIO E LA SUA RICOSTRUZIONE
(Rapporto inviato a Roma dalla Sede Municipale lì 20 marzo 1946)

Casola Valsenio è tra i 18 comuni della provincia di Ravenna, situato nell’ex circondario di Faenza in posizione collinare ai confini della provincia di Bologna e di Firenze. Sorge a 195 metri sul livello del mare ed il suo territorio comunale, 8400 ettari, è suddiviso in 24 nuclei parrocchiali sparsi qua e là nella martoriata valle che gli dà il nome.
La popolazione del Comune è di poco inferiore ai 6.000 abitanti, di cui l’88% e forse più si dedica all’agricoltura, costretta ad uno sforzo diuturno e sovrumano per carpire alla natura non prodiga quei poco che basti per vivere una vita fatta di costumi rigidi e di dignitose astinenze.
Il centro maggiore ammassa le sue case, in grandissima maggioranza vecchie, antigieniche e sinistrate, in un breve spazio a ridosso del fiume Senio, che ne lambisce e corrode i fianchi, con grave pregiudizio alle persone e alle cose.
Data la sua particolare posizione, di estremo lembo della Romagna montana pressoché smembrato dal resto della provincia, risente della trascuratezza dei suoi uomini, ma anche di quelli che, investiti di potere, ne dovrebbero curare gli interessi da un punto di vista superiore.
Molti problemi che il Comune si era proposto di risolvere negli ultimi anni, vennero rinviati a causa di forza maggiore per il sopraggiungere della guerra. E gli stessi, moltiplicati dalle devastazioni causate dall’infausto flagello, riaffiorano e si impongono oggi, non solo alla comunità, già tanto stremata nello sforzo impari, ma gli organi superiori dello Stato.
Si tratta di un complesso di opere così imponente e di proporzioni tanto vaste da impressionare chiunque, con serena coscienza e vigile senso civico, ci accinga all’esame.
Innanzi tutto sarà opportuno dare un quadro, sia pure sommario, dei danni che Casola Valsenio ha subito per cause dirette dalla guerra.
Quivi, sul fiume divenuto tristemente famoso per aver fissato il fronte per oltre sette mesi, si è svolta la guerra in tutta la sua tragicità, raggiungendo talvolta aspetti apocalittici; il paese e l’intero suo territorio, divenuto teatro di battaglie e di scontri furibondi, è rimasto per mesi e mesi terra di nessuno, in preda ad ogni sorta di orrori, sotto la traiettoria dei tiri delle artiglierie e sottoposto all’azione depressiva delle granate.
Non è questa sede adatta per dire come si è svolta la guerra e della sua condotta; a noi interessa dare un’idea sintetica sulle sue conseguenze e sui danni che essa ha arrecato in ogni angolo del suo territorio.
In proposito valga la seguente breve statistica: nel centro urbano sono andati distrutti 18 edifici, di cui 4 pubblici, 80 case gravemente danneggiate, 144 in misura meno grave; nel forese, invece, le case distrutte sono state 17, le gravemente danneggiate 115 e le relativamente danneggiate 121.
Inoltre risultano complessivamente danneggiati in modo grave o distrutti nel centro abitato e nel forese: 37 edifici pubblici fra cui il palazzo comunale, le scuole del capoluogo e quelle rurali, le chiese, l’acquedotto, il pubblico macello.
Globalmente, le case distrutte o danneggiate in modo più o meno grave assommano a 537.
In conseguenza, i senza tetto superano le 300 famiglie, pari a oltre 1000 unità.
Ai danni delle case vanno aggiunti quelli del terreno, tutt’ ora minato: circa 60 ettari, distribuiti in 46 poderi; per contraccolpo hanno determinato una riduzione sensibilissima alle principali colture: in particolare quella del grano, con una produzione globale di quintali 6930, in confronto della media produzione di quintali 28500.
Non meno grave la situazione zootecnica: i tedeschi hanno asportato 613 bovini, 395 ovini e caprini, 644 suini, 70 equini ed oltre 20000 capi di pollame.
Non si elencano i valori asportati ai privati, come mezzi di trasporto, strumenti di lavoro, biancheria, indumenti, generi alimentari ed altro, perché non facilmente calcolabili, oltre tutti i mobili bruciati.
I danni delle aziende agricole. impoverite nei mezzi di produzione, hanno purtroppo avuto un chiaro riflesso nello spopolamento della montagna, nella quale oltre 50 poderi sono completamente abbandonati e quelle famiglie, che prima erano i coltivatori, sono scese al piano ad ingrossare le file dei braccianti disoccupati.

VIABILITÀ E COMUNICAZIONI
Argomento che meriterebbe una speciale trattazione a sé, in quanto i collegamenti per la vita di un centro organizzato, rappresentano una ragione di vita.
A causa dei ponti distrutti sul Senio – 5 nel solo territorio comunale – Casola è venuta a trovarsi completamente isolata per alcuni mesi; riprendendo i primi contatti con i paesi vicini solo dopo che, con l’aiuto dell’ A.M.G., ha potuto servirsi di qualche ponte di fortuna gettato dal Genio Militare.
Tuttora sì serve di essi lungo la via Casolana, ma continua l’isolamento rispetto alle valli laterali, perché tutti i ponti minori, che con dette congiungevano, sono andati distrutti.
Le difficoltà su questo argomento perdurano in tale misura che, nonostante gli sforzi compiuti, il paese è tuttora privo di un servizio telegrafico e telefonico, né dispone di un qualsiasi automezzo di linea che lo colleghi alla Via Emilia, da cui dista appena 20 chilometri.
In suo favore resta solo un procacciato postale, che si effettua ad intervalli irregolari, tempo permettendo.
La viabilità minore su strade comunali, che si sviluppa per 45 km. circa, è in condizioni deplorevoli molte opere d’arte furono fatte saltare con brillamento di mine dai tedeschi poco prima della loro ritirata.

EDIFICI PUBBLICI E SCUOLE
Andarono totalmente distrutte la residenza municipale e le scuole del capoluogo; al loro posto è un cumulo di macerie.
Momentaneamente si è ripiegato installando gli uffici comunali nell’ex casa del Dopolavoro, mentre le scuole si sono adattate nei pochi locali presi in affitto da privati, ma assolutamente inadeguati dal lato igienico e didattico.

OSPEDALE E RICOVERO DI MENDICITA’
Anch’essi fortemente danneggiati, non tanto ai fabbricati quanto all’arredamento interno ed alla loro attrezzatura.
Il fabbricato in cui aveva sede l’ospedale 5. Antonio Abate è in completa rovina.
Questo, in grosso modo, il quadro dei danni che la guerra, prima con la sua lunga sosta, poi col suo passaggio rapido ma devastatore, ha arrecato a Casola Valsenio ed al suo territorio.

Danni incalcolabili e paurosi per un paese di appena 6000 anime e sorretto da una economia più che povera. Danni ai quali la popolazione non può far fronte se attraverso l’aiuto esterno, in quanto le scarse risorse di un tempo sono divenute pressoché nulle dopo l’uragano travolgente della guerra.
Ciò nonostante, questa gente che ha resistito alla guerra condotta in casa propria, assumendo spesso il ruolo di combattenti nelle numerose formazioni partigiane, per contendere all’odiato nemico la terra dei propri padri: questa gente, fiera, sdegnosa, non intende rinunciare alla vita. Ed è per questo motivo fondamentale che essa confida nell’aiuto solidale dei suoi uomini più rappresentativi, affinché essi – immedesimandosi dei loro stessi problemi urgenti e vitali – ne ripetano la voce in alto, finché c’è tempo e finché c’ è una speranza.
In concreto, Casola attende la soluzione delle sue immediate necessità sulle seguenti urgenti opere pubbliche. Per le quali se ne indica il progetto ed il preventivo di spesa.

Non tutti i progetti sono ancora stati presentati al Genio Civile; ad esso vennero consegnati per l’approvazione tecnica quelli di cui ai numeri 7, 8, 9, 11, 12, 13, 16, 17, 20; sono già preparati e pronti per l’inoltro quelli contrassegnati con i numeri 3, 19, e si stanno completando quelli di cui ai numeri 1, 2, 5, 10, 18, 21, 22.
Quelli contrassegnati con i numeri 14, 15, hanno ottenuto un finanziamento da parte del Mistero competente, di cui si è già avuta comunicazione diretta. Per i numeri 4, 6, il Genio Civile si è riservato l’appalto secondo un progetto già ultimato prima della guerra, essendo ritenuti tali lavori urgenti ancora prima del passaggio del fronte.
Trattasi, quindi, di una mole di lavori considerevole, per la cui attuazione (com’è e ovvio) è urgente e necessario l’intervento dello Stato.
In dipendenza delle necessità su esposte, non disgiunta da una somma di circostanze nemiche, ivi compresa la prolungata siccità dello scorso anno, l’Amministrazione comunale è impotente di fronte alla situazione esposta e ne è fortemente preoccupata.
Essa, purtroppo, vede esaurirsi poco alla volta i suoi cespiti di entrata: tutte le tasse comunali sono in costante diminuzione rispetto alle spese, che per lo svilimento della moneta salgono progressivamente.
La proprietà terriera abbisogna di capitali per radicali lavori di sistemazione e colture più redditizie ed attende da anni i vantaggi connessi all’esecuzione dei lavori per bacini montani. Ma quando?, se in gran parte quei terreni sono ancora minati?
I benefici ottenuti fin qui dall’ A.M.G., dal contributo integrativo dello Stato al bilancio 1945, dai cospicui fondi ricevuti per l’assistenza ai poveri e alla mensa sinistrati da parte dell’ ‘U.N.R.R.A., e nonché quelli concessi dall’ ‘E.N.S.I., se rappresentano un apprezzabile aiuto per chi doveva vivere alla giornata, ben poco rispetto alle opere ed ai servizi di carattere permanente di cui ha urgente necessità Casola Valsenio
Si cammina da mesi come dei ciechi che credono ancora di vederci. Dove andremo a finire? Questo è il tragico interrogativo davanti al quale non si sa cosa rispondere.
Come faranno gli operai? Oggi le paghe non recano un costruttivo lievito ai bilanci famigliari, e le scarse risorse sono già finite: c’è gente che gira con pochi stracci addosso e con le scarpe sfondate; ci sono bambini denutriti, con volti pallidi, gialli, già deva stati dalle stigmate della tubercolosi.
Ad onta di tutto questo, la gente non denuncia collasso completo, né decadimento morale; non vive come in altri luoghi di loschi affarismi, di rapine e di assassinii, ma sopravvive con poche briciole e sembra arenata dentro il fango politico che il passato regime ha lasciato in eredità.
Occorre scuoterla e ravvivarne la fede nell’avvenire, libero, democratico.
Casola, invero, è in arretrato di 50 anni almeno in confronto alle esigenze e dei servizi dei nuovi tempi.
E’ così lontana dai centri politici ed amministrativi; e poi, più che di costoro, la colpa è dei casolani stessi, che recano un po’ tutti le caratteristiche del loro grande concittadino Alfredo Oriani, cioè l’innata ripugnanza a chiedere la minima cosa anche se indispensabile.
Casola ritiene di meritare l’aiuto del Governo per le seguenti ragioni:
1) Perché ha fede ed affetto nelle risorse della sua terra
Malgrado gli anni avversi e la minaccia incombente, i suoi uomini non cedono come altrove alla seduzione dei centri urbani; questa popolazione sente profonda ed insuperabile la voce della patria che la chiama verso il lavoro sano dei campi e risponde a tale appello con la devozione ferma e silenziosa colla quale si assolve una missione sacra.
Sente questo popolo che nella terra e dalla terra avrà le migliori e maggiori risorse ed attende con assoluta fiducia che il governo democratico ne riconosca il suo merito. ne premi la fede e il sacrificio.
2) Per la sua vitalità
La dimostrazione della sanità morale di questa popolazione, oltre che attraverso il suo attaccamento alla terra e all’agricoltura, è data con non minore evidenza dalla percentuale delle nascite, verificatesi in questi ultimi anni.
Mentre, purtroppo, è ormai generale il decadimento dei costumi morali, Casola può vantare anche in questi tempi una elevata maggioranza delle nascite sui decessi che toccano appena la metà delle prime.
Queste antiche virtù, retaggio di costumi non corrotti e garanzia di sicuro avvenire, meritano bene il più pieno riconoscimento da parte del Governo attuale, di cui realizzano i più alti principi etici e sociali.
3) Perché in Casola Valsenio ha trascorsa la sua vita il poeta scrittore Alfredo Oriani
Cioè la mente che attraverso e contro le aberrazioni degli uomini, della politica e del pensiero, rintracciò con mente sicura le origini e pose i termini per un più vasto risorgimento italiano.
Se l’Italia negli ultimi 50 anni, prima della guerra e del fascismo, ebbe il torto di non comprendere l’alta parola di insegnamento e di ammonimento che le veniva dal solitario di Casola, non deve ora ignorare il paese di Oriani. Solamente perché anch’esso rifugge dalla petulanza e dal servilismo.
4) Per il contributo di sangue dato alla lotta partigiana
Casola ascrive a suo titolo d’onore 240 (partigiani militanti nelle formazioni Garibaldine, dei quali 23 immolarono la loro eroica esistenza e 4 vennero deportati nei campi della morte.
Ad essi vanno aggiunti 10 civili fucilati dai nazi-fascisti e 60 vittime per fatti di guerra, ivi compresi 30 morti per scoppio di mine.
Contributo imponente e ammonitore, destinato a testimoniare nel tempo la volontà indomita del nostro popolo, resosi finalmente libero da ogni tirannia.

Per siffatte ragioni, che s’inquadrano nell’azione politica svolta dal Governo del popolo, che realizzano in modo assolutamente ideale e pratico l’opera intesa alla ricostruzione del territorio nazionale, tanto devastato dall’ingiusta guerra.
Casola Valsenio è fra i primi comuni per meritare quegli aiuti che le occorrono per le sue necessità di esistenza e di sviluppo. E non si frappongano ragioni di ordine burocratico che solo allungherebbero l’attesa. Guai ad ulteriori indugi: riuscirebbe fatale alla vita di questi montanari, calmi e taciturni nella miseria sempre, anche nei momenti più tragici. Ma proprio per questo più preoccupati.
Casola sì affida alla generosa mano del Governo ed ai suoi uomini più autorevoli. A quelli di cui è madre non immemore ma riconoscente, per il bene ricevuto e che riceverà.
Casola vuole vivere, può e vuole svilupparsi alla pari degli altri comuni d’Italia oggi liberi e riscattati da ogni forma di asservimento totalitario. Ha anch’essa le sue risorse naturali che intende di valorizzare; ha un rango fra tutti i comuni d’Italia che le dà dei doveri che essa assolve mirabilmente, che le dà dei diritti che essa invoca ed esige.

Il Sindaco GUIDO RICCIARDELLI
(tratto da “Casola Piccola Cassino nella Valle del Senio”)

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