Concessioni e autostrade, dove erano Lega e M5S in questi anni?

Post pubblicato sulla pagina Facebook di Chiara Braga

Quando il Carroccio era al governo nel 2008 cancellò delle norme introdotte da Prodi che davano maggiori garanzie ai cittadini su tariffe e investimenti. E nella scorsa legislatura i Cinque Stelle non intervennero mai durante l’indagine sulle concessioni
Per una volta devo dire grazie a Giorgia Meloni. Perché è stata lei, con la sua perentoria dichiarazione al tg della sera (“…è l’intero sistema delle concessioni autostradali ad essere malato. È un sistema che non va bene”), a farmi scattare la scintilla.
La memoria è andata così al mio primo intervento nell’aula parlamentare, nella XVI Legislatura, Seduta n. 10 di mercoledì 28 maggio 2008:

Signor Presidente, intervengo a titolo personale per esprimere la forte contrarietà rispetto all’articolo aggiuntivo 8.012 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo e, in particolare, sui contenuti del comma 2.
Esprimo un voto contrario a causa di questa procedura straordinaria di approvazione, non solo delle convenzioni siglate dall’Anas ma anche degli schemi sottoscritti dalle società concessionarie, che rappresenta una forzatura non condivisibile per il metodo e il merito della questione posta. Per il metodo, data la rilevanza del tema e l’entità delle risorse economiche in gioco, è sconvolgente che non si possa procedere secondo i termini ordinari di un percorso legislativo che coinvolga correttamente le Commissioni e il Parlamento e che si avvalga dei pareri tecnici degli organi competenti.
Non condivisibile rispetto al merito, in quanto la rilevanza del tema richiede la necessità di una riflessione attenta e approfondita sui diversi aspetti delle concessioni autostradali, sulla congruità dei canoni, dei controlli e della trasparenza della procedura quando invece l’approvazione acritica degli schemi di concessione toglie ogni possibilità di controllo, di verifica e di garanzia.

Già, perché uno dei primi atti del governo di centrodestra, nel 2008, fu il decreto legge 59 sull’attuazione di obblighi comunitari; l’articolo 8-duodecies prevedeva l’approvazione per legge di tutte le nuove convenzioni con i concessionari autostradali già sottoscritte da Anas ma che ancora non avevano ricevuto il parere favorevole di Nars, Cipe e commissioni parlamentari. Compresa quella con Autostrade per l’Italia.
Si aggiunga che questa convenzione, a differenza di tutte le altre, prevedeva il riconoscimento di aumenti tariffari annuali di almeno il 70% dell’inflazione reale, a cui andavano ad aggiungersi gli aumenti sugli investimenti in corso: cioè aumenti assicurati fino al 2038, indipendentemente dalla valutazione sulla qualità del servizio e la realizzazione degli investimenti.
Un trattamento che in base a un’altra norma di quel governo (articolo 3 comma 5 del dl recante “Misure urgenti anti-crisi per famiglie, lavoro e imprese) è stato esteso a tutte le altre concessioni, cancellando così una misura voluta dal governo Prodi nel 2006, che legava invece in modo stringente la possibilità di aumenti tariffari a qualità del servizio e investimenti realizzati.
E ancora la norma approvata nel 2008 cancellava la possibilità, sempre prevista dalla riforma Prodi, di ottenere migliori condizioni per interesse pubblico sulle concessioni autostradali: se le concessionarie non accettavano le richiesta di miglioramento delle condizioni, Anas aveva titolo a revocare la concessione e metterla a gara.
In sintesi: convenzioni con le concessionarie autostradali approvate togliendo ogni possibilità di verifica agli organismi di controllo e riducendo gli spazi di intervento per il pubblico, compresa quella sottoscritta con Autostrade per l’Italia.
Perché ho ricostruito questi passaggi? Perché di fronte alle dichiarazioni incredibili ascoltate all’indomani della tragedia di Genova sento il dovere di fornire qualche elemento di verità.
Le norme a cui ho fatto riferimento sono state scritte da un governo che vedeva tra i suoi componenti i ministri della Lega Calderoli, Zaia, Maroni, Bossi e il viceministro alle infrastrutture Castelli (nonché Giorgia Meloni, indimenticabile Ministro della Gioventù) e approvate da un Parlamento che vedeva in maggioranza la Lega, con ruoli di assoluta responsabilità, allora come ora a fianco dei Cinque Stelle.
E gli stessi rappresentanti della maggioranza che oggi annunciano scelte esemplari, dovrebbero spiegare dove erano quando nella scorsa legislatura, in commissione Ambiente, svolgevamo audizioni sul sistema delle concessioni autostradali, nell’ambito di un’indagine conoscitiva proposta dal Pd: non una domanda o intervento nelle varie sedute della commissione di rappresentanti della Lega e qualche rara comparsata dei Cinque Stelle.

Al ministro Toninelli, che in Parlamento è venuto una sola volta a parlarci delle sue linee programmatiche, scappando poi al momento delle domande dei deputati, avrei voluto chiedere come mai nella sua relazione non ha citato mai, nemmeno una volta, la questione delle concessioni autostradali mentre ha chiaramente detto che la Gronda di Genova è un’opera inutile e da rivedere.

Al ministro Di Maio che nel suo tentativo di additare colpevoli ha imputato allo Sblocca Italia di aver fatto regali alle concessionarie, vorrei spiegare che quell’articolo a cui lui, impropriamente (perché non prevedeva nessun “regalo” ma una procedura sottoposta al vaglio preventivo dell’Europa) fa riferimento, non esiste nemmeno più perché è stato abrogato dal Codice degli appalti, quello che il suo governo vuole invece smantellare.

Mi ha sconvolto che di fronte alle macerie e alla disperazione di famiglie e comunità che hanno visto morire in un modo così assurdo i propri cari, il presidente del Consiglio Conte, che in un momento di smarrimento e dolore così grande, dovrebbe sentire su di sé la responsabilità di trasmettere messaggi di fermezza e di compostezza abbia detto “non possiamo aspettare i tempi della giustizia”. Sono parole eversive dello stato di diritto, che evocano la “forca” contro un “nemico” già individuato e condannato in modo sommario e anticipano provvedimenti propagandistici di revoca che se attuati senza prima verificare e predisporre le basi legali (governare è una cosa seria) esporrebbero lo Stato, e tutti i cittadini, a conseguenze rovinose.

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